• Home
  • Comunicazione
  • COS’E’ CHE FA DAVVERO LA DIFFERENZA TRA UN BUON TECNICO ED UN ALLENATORE TOP?

COS’E’ CHE FA DAVVERO LA DIFFERENZA TRA UN BUON TECNICO ED UN ALLENATORE TOP?

Nelle prime due settimane di ottobre ho girato molto tra i settori giovanili professionistici italiani, ed ho visto lavorare alcuni tra i migliori tecnici del nostro panorama giovanile. Ho visto squadre seguite da 7 elementi dello staff (allenatore, vice, prof, preparatore dei portieri, fisioterapista, medico e dirigente accompagnatore), tutti validissimi, ed altre con meno staff ma altrettanto efficienti ed efficaci.

Premettendo che sono stato pochi giorni con ogni squadra, quindi le mie sono solo sensazioni e non vogliono assolutamente essere sentenze, ho notato che nonostante tutto questo dispiegamento di forze, si da troppo poco spazio a due elementi a mio giudizio fondamentali: l’ EMPATIA con i ragazzi e la capacità di trasmettere EMOZIONI.

Puoi svolgere le migliori esercitazioni al mondo, ma se non riesci a trasmettere emozioni, i ragazzi non si impegneranno al massimo, le svolgeranno come se fosse un compito da eseguire e non un mezzo per sviluppare al meglio il proprio potenziale, per superarsi, per dare sempre il meglio di se stessi.

La motivazione che ti spinge a dare il massimo può essere estrinseca (che viene da fuori) o intrinseca (che viene da dentro di noi, dal profondo). Andiamo più nello specifico:

MOTIVAZIONE ESTRINSECA: Un esempio di motivazione estrinseca è un istruttore che crede in te, ti incita, ti sprona a dare sempre il massimo: ti corregge sempre quando sbagli e ti incoraggia a lavorare sempre meglio, e quando fai tutto bene ad alzare il ritmo, perché di migliorare non si finisce mai.

MOTIVAZIONE INTRINSECA: Si parla di motivazione intrinseca quando quella voglia di dare il massimo, quell’emozione di voler superare te stesso, di voler regalare alla tua squadra una prestazione eccellente, viene dal profondo del tuo cuore. Non c’è bisogno che qualcuno ti motivi costantemente, ce l’hai in te. La motivazione intrinseca può essere indotta, ad esempio quando senti la fiducia da parte del tuo allenatore e dei tuoi compagni, e senti di volerla ripagare sul campo, quando ti si concede un’opportunità e vuoi fare di tutto per sfruttarla. Può bastare uno sguardo, un suono, un pensiero nella tua testa, un’emozione… e scatenare dentro di te quella voglia di dare tutto te stesso.

Un allenatore che crede nei ragazzi, che li lasci esprimere, che trasmetta loro passione ed emozioni, che li faccia credere in loro stessi e nel gruppo, ha sicuramente qualcosa in più rispetto ad uno che si limita a fare il suo lavoro in modo freddo e schematico.

Passiamo ora al discorso sul creare EMPATIA con i ragazzi. Partiamo con la definizione: l’empatia è la capacità di comprendere a pieno lo stato d’animo altrui. In molti sono convinti che il tecnico debba essere distaccato e mantenere le distanze rispetto ai propri giocatori. Io la penso esattamente all’opposto. I più grandi allenatori al mondo ci hanno dimostrato che quest’affermazione non è vera. Un paio di esempi: di Mourinho ricorderemo sempre questa foto e l’abbraccio con Materazzi dopo l’addio, era un allenatore che creava un rapporto speciale con i suoi giocatori; Ancelotti è famoso per la sua capacità di relazionarsi con i giocatori, di farli sentire parte di una famiglia. Questi due grandi allenatori hanno una cosa in comune: sono dei punti di riferimento per i loro giocatori, che sono consapevoli che per qualsiasi problema possono rivolgersi a loro.

Nel calcio giovanile, anche professionistico, quest’aspetto diventa a mio giudizio ancora più importante, perché non si ha a che fare con giocatori adulti e formati, ma con ragazzini che inseguono un sogno. Diventa importantissimo essere in grado di metterci nei loro panni, ritornare bambini anche noi, riuscire a capire cosa provano. Dobbiamo essere in grado di cogliere quando un ragazzino ha un problema che gli impedisce di dare il massimo, parlargli, aiutarlo a risolverlo ed a tornare ad esprimersi al meglio. Dobbiamo saper parlare a chi gioca di meno, a far sentire importanti anche loro, a trasmettergli la voglia di continuare ad allenarsi al massimo per guadagnarsi il loro spazio, fargli capire che crediamo anche in loro e non solo nei titolari. Ecco, un allenatore che fa questo, è sicuramente un passo avanti, indipendentemente dalle competenze tecniche.

Sono convinto che la differenza tra un buon tecnico ed un allenatore top passa da questi due aspetti: creare empatia e trasmettere emozioni. Se riesci a fare questo hai già vinto. Metodologia, programmazione, esercitazioni, ecc… si imparano, ma la passione devi averla dentro, l’amore per questo sport e per l’insegnamento devi averli nel cuore. Perché insegnare calcio, soprattutto nel settore giovanile, a mio giudizio non potrà mai essere un semplice lavoro… è una missione!

Mr. Alessandro Zenone

Condividi articolo

Iscriviti alla newsletter!

Resta sempre aggiornato sui nuovi articoli! Non riceverai nessuna mail indesiderata.

Cliccando “iscriviti” accetti i nostri Termini e condizioni.

Articoli correlati