Mister buongiorno, si presenti e ci racconti brevemente la sua storia.
Buongiorno, sono mr. Alessandro Zenone, sono nato il 25 dicembre del 1987 a Vico Equense, nella splendida cornice della penisola Sorrentina, in provincia di Napoli. Nella stagione 2008/09, mio primo anno di attività come allenatore, ho conseguito il patentino CONI-FIGC per istruttore di scuola calcio. Nel 2011 ho deciso di aprire una mia scuola calcio per portare in campo le mie idee: nasce così il progetto Stelle Nascenti, che mi ha fatto vivere grandi emozioni ed avere belle soddisfazioni. Purtroppo nel 2014 ho dovuto chiuderla perché le spese erano troppe e perché dover gestire tutti gli aspetti di una società non mi permetteva di concentrarmi al massimo sul mio lavoro di allenatore. Nel 2015 ho conseguito il diploma UEFA B a Benevento, con un punteggio di 131/140. Sono seguiti un corso con il grande maestro Horst Wein, ideatore della “cantera” del Barcelona, sullo sviluppo dell’intelligenza di gioco ed un corso di comunicazione e motivazione con la Mental Sport Academy di Roma, oltre a tante esperienze di tirocinio nei settori giovanili professionistici italiani ed anche all’estero. Non ho un passato da giocatore, ho giocato solo a livello giovanile, poi due operazioni al legamento crociato anteriore del ginocchio destro a 19 e 21 anni mi hanno portato a chiudere con l’agonismo. In compenso, gioco più volte a settimana con gli amici, non riesco a stare senza campo!
Quando è nata questa grande passione per il calcio e quando ti sei detto “Ok ora prendo il corso e provo a fare l’allenatore”?
La mia passione per il calcio è stata tardiva: mi sono appassionato a questo sport seguendo i mondiali di Francia ’98, quindi avevo già 10 anni. Da allora è stato un crescendo, mi sono appassionato sempre di più. L’idea di fare l’allenatore mi è sorta quando avevo 16 anni: era l’estate 2004, alcuni ragazzini del villaggio turistico chiesero a me ed altri miei amici di organizzare le squadre per il loro torneo, facendo un’asta stile fantacalcio, in modo da farle equilibrate. Scelsi la mia squadra e la seguii per tutto il torneo, divertendomi moltissimo, e lì mi è scattata questa molla. Ho smesso di giocare ed iniziato ad allenare dopo aver recuperato dal primo intervento al crociato (2007), partendo dalla stagione 2008/09, facendo il corso CONI-FIGC e seguendo un gruppo di esordienti ’97.
Ci puoi spiegare cosa significa per te allenare?
E’ difficile da spiegare… è la sintesi perfetta delle mie due più grandi passioni, il calcio e l’insegnamento. Significa formare dei ragazzini prima di tutto come uomini e poi come giocatori, dando prima di tutto l’esempio e trasmettendo dei valori. Significa trasmettere loro prima di tutto la mia passione per il calcio, dopodiché tutte le mie competenze. Ogni volta che sono in campo con loro è una nuova emozione, alla fine dell’allenamento sono stanco, ma sempre felice e non vedo l’ora che arrivi il successivo.
Come si deve allenare per poter avere giocatori pensanti e non macchine automatiche?
Partirò con cosa si deve assolutamente evitare: mai comandare i giocatori tipo play-station, dicendo loro continuamente cosa fare, non c’è nulla di più deleterio per lo sviluppo della loro autonomia nel risolvere le situazioni con la propria testa e della loro intelligenza di gioco. Altri fattori che minano queste loro capacità sono il lavoro per schemi, dando loro solo istruzioni da ricordare e non situazioni da risolvere ed un limite di tocchi troppo restrittivo fin dalla tenera età. Per sviluppare giocatori pensanti è necessario stimolare continuamente la loro mente, dando loro sempre situazioni nuove da risolvere, guidandoli alla giusta soluzione attraverso le giuste domande. È importante che abbiano autonomia di decisione, quindi tante scelte possibili, e libertà di esprimersi, sia in allenamento che in gara, almeno per quanto riguarda le attività di base.
Qual è l’ingrediente principale per essere un buon allenatore?
Prima di tutto ci vuole passione, sia per il calcio, sia per l’insegnamento, penso sia quello l’ingrediente principale. Poi aggiungerei una buona dose di pazienza e dei sani valori sportivi. Infine c’è chiaramente la competenza, condita dalla voglia di aggiornarsi per migliorarsi continuamente, perché non si finisce mai di imparare.
Hai una pagina Facebook molto seguita e che cresce giorno dopo giorno, pubblichi sempre riflessioni molto interessanti e vedo che ti tieni sempre informato. Quanto è importante fare corsi e tenersi costantemente aggiornato?
Aggiornarsi è di fondamentale importanza. Il confronto con tutte le metodologie è sempre positivo, perché, anche se non condividiamo in pieno una di esse, possiamo sempre cogliere gli aspetti che riteniamo positivi e scartare quelli con cui non concordiamo. Alla fine c’è sempre un arricchimento.
Il calcio può essere inteso come uno strumento di crescita a 360°?
Se fatto bene, assolutamente si. Ci sono tantissimi aspetti cognitivi, che quindi vanno a sviluppare le sinapsi dei bambini, migliorando le loro capacità di ragionamento e la rapidità nel risolvere i problemi, cose che risulteranno loro utili anche a scuola e nella vita in generale. Se l’ambiente è sano, si possono imparare tutti i valori dello sport, come la lealtà, l’amicizia, la collaborazione per un obiettivo comune e tanti altri. Poi abbiamo l’aspetto motorio: con il calcio è possibile imparare e consolidare gli schemi motori di base (correre, camminare, saltare, rotolare ecc…) sviluppare le capacità coordinative e crescendo anche quelle condizionali (forza, velocità, resistenza, rapidità, mobilità articolare).
Cosa consigli a quelle famiglie che a volte lo levano per castigare i figli?
Consiglio loro di non farlo, non potrebbero fare errore più grande. Scuola e Sport sono i due pilastri dell’educazione e devono andare di pari passo. Sono entrambi importantissimi, ne erano a conoscenza fin dall’antichità, con il famoso detto “mens sana in corpore sano”, quindi eliminare uno di questi due capisaldi impedirà al bambino di poter avere una crescita armonica. Se proprio dovete punirli toglietegli la play-station, mai lo sport, che è vita!
Da allenatore, qual è la caratteristica che non deve mancare in un tuo giocatore?
Premetto che lavoro nel settore giovanile, quindi chiaramente i parametri sono diversi rispetto al calcio degli adulti. Le caratteristiche che non devono mancare sono impegno e serietà. Se ci sono questi due ingredienti posso sviluppare al massimo il potenziale dei ragazzi, e quindi andargli poi ad insegnare tutte le abilità di cui hanno bisogno per poter giocare bene a calcio. La qualità più importante per me è l’intelligenza di gioco. Purtroppo in Italia si guarda quasi esclusivamente alle capacità fisiche e atletiche, trascurando invece il talento e l’intelligenza di gioco, motivo per cui il nostro calcio è in declino. A me interessano impegno, serietà, talento, intelligenza ed efficacia in campo, se hai queste caratteristiche puoi essere anche 1,40m a 14 anni, con me giochi.
Descrivimi il calcio in 5 parole…
Gioco più bello del mondo.
Qual è il consiglio che ti senti di dare ai tuoi colleghi?
Ricordate sempre che l’obiettivo del settore giovanile non è vincere le partite, ma formare i ragazzi sia come giocatori che come uomini. Date sempre loro un esempio positivo, siate portatori di valori. Ascoltateli, credete in loro, mettete le vostre competenze al loro servizio, siate sempre pronti ad aiutarli per qualsiasi difficoltà. Questo è mio credo, ed è quello che consiglio a tutti coloro che lavorano con i giovani.
Grazie per l’attenzione, vi lascio con il mio motto:
“Campioni non si nasce, si diventa!”


